Speaking stones / stepping stones. La somiglianza fonetica richiama alla mente le pietre collocate in un ruscello allo scopo di attraversarlo. L’espressione è diventata un modo di dire per indicare un mezzo che aiuta a raggiungere uno scopo. Indica anche un gioco utilizzato nell’apprendimento linguistico. Il progetto, nato da uno scambio d’idee con Ermanno Cristini, sposta, muove da una sponda all’altra attraverso passaggi logici, assonanze e salti da una pietra all’altra.

 

Quelle usate “per affidare la conservazione e trasmettere alla posterità le cose memorabili”, di cui scrive Leopoldo Cicognara in Storia della scultura, sono pietre che parlano. L’autore del trattato si riferisce a quelle che Giosuè tolse dal letto del Giordano e pose a memoria del passaggio del fiume, alla pietra sulla quale Giacobbe posò il suo capo durante la visione ricevuta in sogno e a quella sulla quale Apollo aveva posato la sua lira per aiutare Teseo a costruire le mura di Atene. Queste pietre non raffigurano nulla, sono segni mnemotecnici il cui senso non può essere decifrato senza la lettura del Vecchio Testamento e dei classici. Questo sistema integrato di pietre e scritture tenute a memoria o trasmesse oralmente assume per la collettività valore monumentale in quanto svolge una funzione memorativa, come risulta evidente dall'etimologia del termine “monumento”, dal latino monumentum, formato da “monere - ricordare” e “mentum - atto, mezzo”.

 

Il racconto costituisce parte integrante dell’opera monumentale. Uno di questi è stato recentemente ritrovato nell’archivio della famiglia Alliata di Gozzano. Recuperando e restituendo alla collettività il racconto, il segno al quale si riferiva può tornare ad essere un monumento, si chiede il progetto di arte pubblica speaking stones promosso dalla piattaforma dedicata all’arte contemporanea Riss(e) - R+S/AK, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura di Gozzano? Può tornare ad esserlo nell’epoca in cui l’approccio critico al concetto di monumento ha ispirato il lavoro contro-monumentale di alcuni artisti (James Young, The Counter-Monument: Memory Against Itself in Germany Today, Critical Inquiry 18, 1992, pp. 267-296)?

 

I modi in cui questi segni con funzione mnemotecnica entrano in rapporto con la parola detta e scritta sono molteplici, come dimostra Scultura impossibile installata sulla scala di accesso della sede di R+S/AK. Impilando una sull’altra un numero variabile di copie di un libro Scultura impossibile porta la questione sul piano della storia e della critica d'arte, chiamando in causa uno dei primi segni d'interpunzione che fissava nella scrittura un termine, come l'erma lo fissava lungo le strade, agli incroci e ai confini. Tutto ciò che dell’erma e della pietra di confine è finito nella scrittura torna ad essere scultura, ma in un’età in cui la scultura è  impossibile. Scultura impossibile è un progetto di arte pubblica presentato lo scorso dicembre dalla Galleria Milano e il mese prima in preview a BACO (Base Arte Contemporanea Odierna). Ora è riattivato nel contesto di Speaking stones.

 

Aurelio Andrighetto

Ha esposto le sue opere e presentato le sue teorie sullo sguardo presso musei (Great North Museum: Hancock, Gamec, Gasc, Hdlu, Man, Mart, Mlac, Revoltella), festival (Fotografia Europea, International Theatre Festival, Mystfest), fondazioni, centri di ricerca e gallerie tra le quali Galleria Milano, Baco, Continua, E/static, Franco Soffiantino, Mudima, Neon, Riss(e). Scrive per riviste e quotidiani (tra cui Doppiozero, Il Verri, Ipso Facto, ATP Diary ) e i suoi contributi sono stati pubblicati in alcuni volumi (Apeiron, Bacacay, Contemporanei, Doppiozero, Graphos, Mondadori). Cofondatore di Warburghiana ha contribuito alla realizzazione dei suoi format sperimentali