È la zeta che li tiene insieme. Sembrerebbe questo, a prima vista, l’unico trait d’union tra Monica Mazzone e Aldo Mozzini, artisti di sesso e generazioni diverse che procedono in direzioni apparentemente ostinate e contrarie. Invitati a tradimento da Ermanno Cristini a riss(e) e costretti a convivere in una stanza tutta per loro, sembrano voler esprimere forze centripete che spingono verso direzioni divergenti: verticalità e solidità contro orizzontalità e morbidezza, levigatezza e geometria contro scabrosità e spontaneità, ordine e proporzione contro disordine e sproporzione.

 

Il dialogo formalmente impossibile tra Mazzone e Mozzini è pero tutt’altro che un discorso chiuso: è invece una partita aperta in cui, sebbene tesi e antitesi non trovino né tentino una sintesi, le opere si nutrono della reciproca diversità raggiungendo un inaspettato quanto bizzarro equilibrio. Gli opposti non solo si attraggono, ma finiscono per compensarsi. L’apparente paradosso in realtà nasconde un comune sottotesto: il lavoro sulla specificità del contesto, in quanto spazio architettonico ed espostivo per Mazzone e in quanto identità, storia e vissuto per Mozzini.

 

Monica Mazzone parte dalla realtà concreta dello spazio per arrivare a definire la forma delle sue sculture grazie a un metodo logico-matematico che si sviluppa su presupposti teorici e parametri oggettivi, anche se arbitrariamente scelti, che determinano un risultato incontrovertibile. Questa razionalità deriva dalla tensione verso la perfezione che l’artista individua nella logica rigorosa del processo. La forma e le dimensioni delle piramidi tronche ottagonali è la diretta conseguenza dalla complessa elaborazione grafica della proiezione della planimetria che, privilegiando l’andamento dell’asse diagonale – la zeta – viene completata con degli elementi triangolari – i vertici mancanti – che fanno da raccordo con le catene che scandiscono orizzontalmente e ritmicamente la sala espositiva. L’artista crea così una relazione necessaria tra l’opera e il contesto e tra scultura, pittura e architettura: il procedimento è riportato pittoricamente in un dittico, eseguito con una tecnica raffinatissima per sovrapposizioni di velature, che è quasi una dichiarazione tautologica ma allo stesso tempo apre, grazie al colore, uno spiraglio alla dimensione dell’emotività che è sempre sottintesa nel suo lavoro e bilancia la freddezza post-minimalista delle sculture.

 

Questa emotività latente avvicina Mazzone alla sensibilità di Mozzini e, in particolare, a questi lavori, intrisi di umanità. Anche l’artista svizzero ha lavorato in stretta relazione al contesto, inteso non come spazio fisico ma come luogo di narrazioni e di memorie. L’uso di materiali di scarto e di riciclo, ricorrente nella sua pratica, è finalizzato al racconto poetico del percorso artistico di Ermanno Cristini, che dirige lo spazio e lo ha abitato per diversi anni, utilizzandolo anche come studio. Prendendo a prestito alcuni suoi oggetti personali (i celeberrimi zoccoli che richiamano la serie realizzata dallo stesso Mozzini) e parti di sue opere – o citandole e ispirandosi espressamente a esse – realizza sei nuovi lavori idealmente a quattro mani che danno corpo a una relazione amicale e professionale. Collocate in ordine sparso, sono presenze morbide, destrutturate, che testimoniano il gesto che le ha modellate, quasi una carezza, e rimangono, come spesso accade nei lavori di Mozzini, come appunti lasciati in sospeso di un discorso che pone la questione della relazione tra spazio privato e pubblico e tra dimensione intima e sociale della pratica artistica.

 

La zeta, che ironicamente li tiene insieme, è l’ideale linea spezzata che sintetizza la complessità delle relazioni che legano le opere al contesto – che nel caso di riss(e) è già in sé un’operazione artistica – e le molteplici possibilità di sperimentazione creativa in continuità con esso.

 

Rossella Moratto

 

 

 

Monica Mazzone

Nata a Milano nel 1984, vive e lavora tra Milano e New York. Fra le mostre personali: L’intenzione di una retta, Studio Maraniello, Milano, 2016; ThePerfect Universe, Merkur Gallery, Istanbul, 2014; …Per un quasi infinito, Formentini Gallery – Nuovo CIB, Milano, 2009. Nel 2012 è stata ospite dell’Intership Program presso The Peggy Guggenheim Collection di Venezia. È autrice della rubrica d’arte contemporanea Fruit Soap ed è membro attivo della redazione della rivista d’arte E IL TOPO. Numerose le partecipazioni a collettive, progetti speciali in spazi pubblici e privati in Italia

e all’estero e concorsi, tra cui Premio Nazionale delle Arti, 2009; Premio Lissone, 2012;Premio Combat, 2016; Premio Cairo, 2017. Nel 2018 sarà ospite presso International Artist Residency Program at Nars Foundation - New York.

www.monicamazzone.com

 

Aldo Mozzini

Nato a Locarno nel 1956, vive e lavora a Zurigo. Fra le mostre personali: Lokal 14 Zürich, 2016; De Bernardo & Mozzini, Vebikus Kunsthalle, Schaffhausen, 2015; Vorzimmer OG 9, Zürich, 2013; Radix, Frohe Ussicht, Samstagern, 2011; Villa du Parc,Centre d’Art Contemporain, Annemasse (F), 2010. Fra le mostre collettive; La Ruche et la valise, Villa Bernasconi, Genf, 2017; JetztKunst Bern, 2017; Schena da vedro, Kunst(Zeug)Haus, Rapperswil 2017; Obsession Dada, Cabaret Voltaire, Zürich, 2016; Grosse Regionale Alte Fabrik, Rapperswil, 2016; Sviluppo-Parallelo, Kunstmuseum Luzern, 2015; Impression 2015, Kunsthaus Grenchen, 2015. Ha vinto numerose borse, residenze e premi tra cui Anerkennungsbeitrag UBS Kulturstiftung, 2014; Swiss Art Award, 2012; Atelier in Bucharest, Pro Helvetia, 2010; è professore alla alla Zürcher Hochschule der Künste, Zürich