Ci si può trovare a pensare, durante una Pausa Sigaretta, che fumando abbastanza a lungo, si possa diventare sigaretta: bruciare lentamente, produrre nient’altro che fumo.
Continuando a praticare un esercizio di attenzione sulla sigaretta e sulla sigaretta soltanto, godendo dell’esperienza oziosa senza prefigurarne la fine, è inevitabile trovarsi a errare in un
luogo da molti prima sognato, da nessuno mai veramente abitato, e immaginare la Sigaretta Infinita.
Se strumento di resistenza o machiavellica macchinazione delle industrie del tabacco, al fumatore non è dato sapere. Prolungando la durata e l’intensità di ogni tiro, concentrando gli sforzi
sulla complessità di gesti che generano una boccata, si arriva a pensare dell’abbandono con cui ne si vive la piacevolezza, croce e delizia della Sigaretta Infinita. Non si può smettere quando si
vuole - né tantomeno si vuole. L’incantesimo di una diavoleria tale è collettivo e il suo verbo diffuso per via epidemica, come solo le idee più ancestrali: per questo ogni tentativo di produrla
(una soltanto infatti ne basterebbe a frenare gli ingranaggi delle lobby delle Sigarette Finite) è sempre stato osteggiato con ogni mezzo possibile.
La Sigaretta Infinita certo immobilizzerebbe in una stasi irrisolvibile, eliminerebbe delle Pause quella ritualità di cui si traggono estremi, nemmeno rari piaceri. Ma: non è forse
l’esistenza stessa delle Pause Sigaretta a legittimare i momenti di attività, quei tempi non-Pause che su di esse ergono sistemi, sui quali vive e prolifera la produzione delle Sigarette Finite?
Un tranello paradossale.
Si dice però di fumatori eretici che arrivino a mettere in discussione il dogma della paralisi inerte che secondo gli ortodossi la Sigaretta Infinita susciterebbe, che pensino al fumo come un
prodotto utile e al ristagnare nell’esperienza del fumo senza fine, come a un’attività feconda, fruttuosa. Le stesse voci di congiura parlano di un’organizzazione dissidente che da secoli trami
per la realizzazione della Sigaretta Infinita. Dicono le loro riunioni si svolgano in gran segreto durante le Pause, e che spesso arrivino a poche boccate dalla soluzione finale, perfetta, prima
che Sigarette Finite gli si spengano fra le dita.
Il metodo descritto in un misterioso manuale per la composizione di una canzone pop perfetta è stato esteso da una settimana a sette mesi. La canzone, unico e autonomo prodotto del processo,
diventa quindi il precipitato denso delle esperienze che l’hanno generata: kebab, tè rituali, sigarette, l’iniziazione alle pratiche di un ordine segreto, il costante vagheggiamento in un regime
di scambio tanto pigro quanto intenso e assiduo. Tra premeditazione e autosabotaggio, si è innescata una speculazione sulle alternative all’industriosità, sulle possibilità di azione secondo un
modello di inefficienza che disperda forze, sulla relazione di questo dispendio negligente con i metodi di produzione ad esso opposti, sull’entità e la potenza di un simile sistema
fallibile.
Elena Radice, Costanza Candeloro, Roberto Fassone, Eleonora Salvi, Alessandro Di Pietro, Michele Gabriele, Rebecca Di Berardino, Valeria Baudo, Dustin Cauchi
Enrico Boccioletti, nato a Pesaro, vive e lavora a Milano. È in attività sotto diversi nomi: Death in Plains, 4SICSX, spcnvdr o Enrico B. Lavora con Mousse Magazine
e Vdrome. Ha esposto presso: Operativa, Roma; Live Arts Week, Bologna; Fondazione Pastificio Cerere, Roma; 319 Scholes, New York; Istituto Svizzero di Roma, Milano; Viafarini, Milano; MADRE,
Napoli, Offset Festival, London, Mediterranea 16, Ancona; Centrale Fies, Dro.